Tadini Francesco (detto Franco)

[1912 - 1997]

Brunitore, tipografo, operaio specializzato di trafileria, comunista, partigiano, sindacalista, membro del comitato direttivo provinciale del Sindacato chimici e della Commissione esecutiva della Camera del Lavoro di Milano, consigliere comunale di Milano per il Pci, presidente Ospedale Sacco

Francesco Tadini, detto Franco, nacque a Crescenzago il 22 dicembre 1912 e visse a Milano in una famiglia di umili origini. Il padre Carlo faceva il fabbro nell'officina dei suoi fratelli nel 1915 venne chiamato alle armi negli alpini e poi riformato, mentre la madre Maria Galotta fece la commessa in un negozio; con Franco anche tre fratelli: Pepino il maggiore, poi i più piccoli Eugenio e Laura. Alle elementari iniziò a lavorare nel dopo scuola come garzone fabbro nell'officina dello zio Augusto. 

Nel 1937 si sposa con Giuseppa Bignamini (detta Lina) operaia specializzata della Pirelli. Nel maggio del 1938 a poche settimane dal parto della moglie (non vi erano alcune leggi a tutela della maternità) può entrare in sostituzione a lavorare in Pirelli, assegnato al reparto trafileria rame. Nacque Angelo, detto Lino (che nel 1984 fu segretario regionale della Filis Cgil) e poi il 24 settembre del 1954 nacque un secondo figlio che chiamò Franco.

Nel 1940-41 in piena guerra e regime fascista, fu tra gli organizzatori delle proteste dei lavoratori Pirelli presso i sindacati fascisti; vinse una causa per il riconoscimento della categoria e riuscì a raccogliere le firme del suo reparto per ottenere un pasto caldo e rivendicò la mutua interna in difesa della salute.

Nel marzo del 1943, alla Pirelli, fu tra i protagonisti e organizzatori degli scioperi del triangolo industriale Milano-Torino-Genova, che segnalò l'ostilità crescente della popolazione ormai stremata dai bombardamenti. A luglio, agosto e dicembre 1943, sotto la guida dei Comitati di agitazione clandestini, alla Pirelli avvenne lo sciopero per chiedere la fine della guerra, dei bombardamenti e pretendere qualcosa da mangiare e la reazione del regime fu feroce, come ci viene narrato da Franco nella sua autobiografia: "la rabbia dei fascisti si sfoga con l’occupazione della Pirelli per ben 15 giorni, bivaccando e rubando a più non posso”.

Nell'aprile del 1944, durante il tentativo di contatti con i partigiani della Val Grande fu arrestato, torturato dai fascisti nella famigerata sede di Via Cadamosto (Porta Venezia) e per 90 giorni rinchiuso nel carcere di San Vittore. Da lì venne deportato in Germania. Ma arrivati a Trento, con altri compagni detenuti, riuscirono a fuggire saltando dal treno in corsa nei pressi di Lavis e dopo 10 giorni di cammino tornò a casa e si unì alle formazioni GAP Gruppi di Azione Patriottica del basso lodigiano. 

Il 25 aprile 1945, giorno dell’insurrezione, tornò in azienda e organizzò il vettovagliamento per i lavoratori asserragliati alla Pirelli, sfidando le mitragliatrici dei fascisti francesi di Petain, appostati nella attuale Caserma della Polizia alla Bicocca.

Dopo la Liberazione, divenne organizzatore della Sezione "Libero Temolo" della Pirelli, eletto nella 127° Commissione Interna e nel Comitato direttivo provinciale del Sindacato chimici della Cgil e nel 1947 divenne membro della Commissione esecutiva della Camera del Lavoro di Milano.

Nel 1966 i lavoratori della Pirelli lo elessero Consigliere comunale per il Pci e nello stesso periodo viene anche eletto nel Comitato Federale del PCI. Il 7 dicembre del 1975 il sindaco Aldo Aniasi gli conferì l’Ambrogino d'oro. Nel 1976 venne nominato nel Consiglio di amministrazione dell'Ospedale Sacco e nel 1980 ne divenne il presidente.

Morì a Milano l’8 gennaio 1997.

(Nadia Tadini)

Francesco Tadini e Lina Bignamini con il figlio Lino, 1938.

FONTI

Francesco Tadini “Ricordi di una vita”, autobiografia manoscritto, Milano, dicembre 1982.

Saverio Nigretti, “Il saluto del partito”, epitaffio in occasione della commemorazione funebre di Francesco Tadini 8 gennaio 1997, Milano, 1997.