Bianchi Giuseppe

[1888 - 1921]

Tipografo socialista, emigrati Germania, Svizzera e Francia, organizzatore sindacale, pubblicista, esponente della CGDL

Nacque a Milano il 7 febbraio 1888 da famiglia operaia. Interrotti presto gli studi a causa delle condizioni famigliari disagiate, fu dapprima garzone, poi operaio tipografo, ma riuscì ugualmente a formarsi una certa cultura autodidatta.

In un primo tempo repubblicano e attento lettore delle opere di G. Mazzini, B. si dedicò “con passione e intelligenza” allo studio delle opere di Marx, Engles e Lassalle e aderì al socialismo , iscrivendosi al PSI tra il 1906 e il 1908. Emigrato in Germania nei primi anni del secolo, visse all'estero per quasi un decennio, e all'estero avvenne pressoché interamente la sua formazione politica socialista. Redattore dell’Operaio italiano, pubblicato ad Amburgo a partire dal 1898, che svolse continuamente opera di propaganda specie tra gli operai edili, in concorrenza con l’opera Bonomelli, B. conobbe a fondo la vita del movimento operaio tedesco e intervenne anche in prima persona, con degli articoli, nel dibattito interno alla socialdemocrazia di quel paese. Di ritorno in Italia, B. avrebbe pubblicato poi un opuscolo intitolato Pangermanesimo sindacale, Venezia, 1915, che può essere considerato un frutto rilevante di questa esperienza. Espulso dopo circa 5 anni dalla Germania perché accusato di lesa maestà nei confronti del Kaiser, si trattenne per breve tempo in Italia, prendendo parte attiva alla vita del movimento operaio milanese, come rappresentante dell’organizzazione dei tipografi, ma poco dopo riprese la via dell’emigrazione, questa volta in Svizzera. A Berna fu per qualche anno direttore dell’Operaio italiano, e, dopo aver trascorso anche un periodo in Francia , fece definitivamente ritorno in Italia nel 1914.

Divenuto per breve tempo direttore del periodico Verona del popolo, da Verona B. si trasferì a Venezia, succedendo a G.M. Serrati nella direzione del Secolo nuovo e nella segreteria della locale Camera del lavoro, ma neppure nella città lagunare si trattenne a lungo , giacché nella prima metà del 1915 si spostò a Torino come direttore del Grido del popolo ( si trattava di n incarico retribuito, messo a concorso da sezione socialista e vinto da B. ai danni di F. Misiano), sostituendo G. Romita , che aveva lasciato la direzione del periodico nell'autunno del 1914. A Torino B. prese parte alle manifestazioni socialiste contro l’intervento dell’Italia in guerra, e dopo lo sciopero generale del 1°maggio 1915 venne nominato membro della commissione esecutiva provvisoria della sezione torinese PSI, chiamata a rimpiazzare quella eletta, interamente tratta in arresto in seguito allo sciopero. Nel contrasto fra rivoluzionari e riformisti che divampò in quell'anno con particolare asprezza a Torino, sul problema della partecipazione ai comitati di assistenza per la guerra, B. si schierò con i secondi, orientando Il Grido in senso quasi “patriottico” ed assumendo una posizione così estrema da ottenere effetti opposti a quelli sperati, e da contribuire alla sconfitta dei riformisti. (Spriano)

Alla fine del 1915, allorché venne creata la pagina torinese dell’Avanti!, B. ne divenne redattore capo, ma nel maggio del 1916 fu costretto ad abbandonare Torino perché chiamato alle armi e lasciò alla rivoluzionaria M. Giudice i suoi incarichi giornalistici. Continuò però per tutta la durata della guerra a collaborare all’Avanti!, con lo pseudonimo di Elio Milani.

Smobilitato al termine della guerra, dopo esser stato per un breve periodo segretario della Camere del lavoro di Biella, B. entrò a far parte del comitato direttivo della CGdl ed assunse la direzione del suo organo Battaglie sindacali, divenendo così uno dei principali dirigenti della Confederazione. In occasione dei moti contro il carovita del 1919 B. si fece quindi sostenitore del CD della CGdl di una linea più rigida di quella collaborazionista di L. D’Aragona e N. Baldini , affermando in una sua mozione che il sindacato non doveva in nessun modo collaborare “con coloro che non erano in grado di apprestare provvedimenti radicali contro il rincaro e che i correi delle casualità principali ed essenziali del rincaro non dovevano essere messi nella condizione di esimersi dalle tremende responsabilità che si erano assunti”. In questa come in seguito anche in altre occasioni, tuttavia, B. mostrò di non ritenere che la situazione presentasse caratteristiche rivoluzionarie e si adoperò per il raggiungimento di accordi di compromesso per la conclusione delle lotte operaie. Eletto nelle liste socialiste alle elezioni politiche di novembre nella circoscrizione Bergamo-Brescia, B. fu uno dei più giovani deputati socialisti; al parlamento si occupò prevalentemente dei problemi delle assicurazioni sociali.

In occasione del cosiddetto “sciopero delle lancette” del 1920, B. assunse su Battaglie sindacali un atteggiamento estremamente riservato e cauto, e al termine dell’agitazione ebbe a qualificare la lotta come “fallace agitazione”, declinando da parte della CGdl la responsabilità del suo fallimento. Relatore sull'attività del giornale e sul tema “Cultura sindacale” al convegno della CGdl tenutosi a Milano nell'aprile di quell'anno, B. venne incaricato con D’Aragona e L. Colombino di rappresentare la CGdl nelle delegazione italiana capeggiata da Serrati, che si recò nella Russia rivoluzionaria alla vigilia del II Congresso dell’internazionale comunista. Di ritorno in Italia nel mese di luglio, B. e gli altri dirigenti sindacali rilasciarono dichiarazioni piene di reticenze e di riserve sulla Russia dei soviet, che vennero ampiamente sfruttate dalla stampa borghese come ammissioni del fallimento della rivoluzione e suscitarono ampie polemiche nel socialismo italiano. Il giudizio dei riformisti sarebbe divenuto poi via via più pesante e negativo. Da parte di B. si veda in proposito la sua ampia relazione sul tema “Russia sindacale“ al congresso confederale di Livorno (Milano, 1921) , che peraltro si attirò l’elogio della stessa rivista di Serrati "Comunismo".

Ma l’episodio nel quale apparve più compiutamente l’orientamento di B. fu l’occupazione delle fabbriche del settembre 1920. Incaricato assieme a B. Buozzi e D’Aragona di dirigere l’agitazione da parte della CGdl, B. si adoperò alacremente per la ricerca di una soluzione di compromesso, e mostrò di considerarla come una lotta di carattere esclusivamente economico per il “controllo operaio”, salutandone quindi l’esito come una vittoria. Accanto a questo contegno di B. come dirigente nazionale della CGdl, deve essere inoltre menzionato il ruolo da lui svolto a Brescia nell'ultima fase dell’occupazione delle fabbriche, e si adoperò per il raggiungimento di una soluzione che portasse la calma in città e il disarmo degli operai.

Designato relatore su “Movimento sindacale, comitati di fabbrica, controllo operaio” al congresso di Livorno del gennaio 1921 (assieme a Colombino e ad A. Gramsci), al congresso confederale svoltosi poco dopo venne eletto membro del comitato esecutivo della CGdl, con l’incarico di segretario per la stampa, la propaganda, la cultura e l’istruzione. Confermato alla Camera nelle elezioni del maggio di quell'anno (a Brescia aveva preso a dirigere da due mesi Il Contadino rosso, organo della Federterra provinciale), nel mese di giugno partecipò con Buozzi al congresso dell’Internazionale dei sindacati rossi a Mosca, facendosi portatore della linea della CGdl favorevole alla permanenza in seno all'Internazionale sindacale di Amsterdam e al tempo stesso ad un’azione comune con quella di Mosca.

Poco dopo fu chiamato dai sindacati tedeschi a svolgere in Germania una inchiesta sulla trasformazione dell’industria di pace; qui contrasse una gravissima polmonite, in seguito morì giovanissimo a Milano il 18 dicembre 1921.

Fonti:

Archivio della Camera confederale del Lavoro di Milano, Archivio del Lavoro, Sesto San Giovanni