Bitossi Renato

[1899 - 1969]

Operaio meccanico, Federazione giovanile socialista, Comitato direttivo Fiom di Firenze, segretario della sezione fiorentina della Figs, dirigente del movimento per l’occupazione delle fabbriche, comunista, segretario interregionale Pcf, deferito al Tribunale speciale per la difesa dello Stato, confinato, partigiano, segretario della Camera del lavoro di Firenze, vice segretario e segretario generale della CGIL, segretario della Camera del lavoro di Milano, senatore, presidente dell'Istituto Nazionale Confederale Assistenza (Inca-Cgil), presidente della Federazione sindacale mondiale, segretario generale della Federazione italiana pensionati

 

Nacque a Firenze il 31 marzo 1899 da Giovanni ed Ermellina Lucchesi. Come operaio meccanico, lavorò presso le officine Galileo dal 1913 al 1917.

Fin dal 1914 iniziò la sua attività politica e sindacale aderendo alla Fiom.

Chiamato alle armi nel 1917, fu segnalato ai comandi militari come elemento “sovversivo”. Congedato nel gennaio 1919, aderì alla Federazione giovanile socialista.

Quando riprese a lavorare presso le officine Galileo, entrò a far parte del comitato direttivo della Fiom di Firenze e fu membro della commissione interna di fabbrica. Divenne quindi segretario della sezione fiorentina della Figs.

Nel settembre del 1920, fu tra i dirigenti del movimento per l’occupazione delle fabbriche. Nel 1921, dopo il congresso di Livorno (gennaio), aderì al Partito comunista d’Italia, diventando membro del comitato federale di Firenze.

Dopo essere stato aggredito per ben tre volte dai fascisti, ed essendo rimasto ferito, nel 1922 Bitossi fu costretto ad emigrare.

Nel 1924 venne nuovamente ferito in un conflitto con gli squadristi e fu costretto ad abbandonare Firenze, trasferendosi così, prima a Torino e poi in Francia, dove prese a lavorare presso le officine meccaniche Granmond et Berliet a Lione.

Successivamente aderì al Pcf andando a ricoprire, nel 1925, la carica di segretario interregionale ed incaricato del lavoro degli emigrati comunisti. Nel 1926 con M. Scoccimarro e F. Leone organizzò il III Congresso del Pci, che si svolse a Lione: per questo subì un breve arresto da parte della polizia francese. Rilasciato, da Lione si trasferì a Marsiglia dove prese a lavorare, con lo pseudonimo di ‘Rivani’, per conto della Cgt tra gli operai stranieri immigrati. Divenuto fiduciario del Pci per la regione delle Bocche del Rodano, all’inizio del 1927 fu richiamato a Parigi per mettersi a disposizione del partito e quindi inviato in Italia.

A Milano, il 12 giugno 1927, durante una perquisizione da parte della polizia fascista, venne trovato un elenco di nomi di comunisti, tra cui quello di Bitossi, che venne arrestato e deferito al Tribunale speciale per la difesa dello Stato, che lo condannò ad otto anni e sette mesi di carcere e tre anni di vigilanza speciale. Tuttavia l’attività che aveva svolto a Milano non fu scoperta, ed il Tribunale speciale, in Camera di consiglio, lo assolse.

Trascorse il periodo di pena in varie carceri italiane, da Imperia a Fossano, ed infine a Civitavecchia, dove si incontrò con molti dei dirigenti del Pci e diede vita a quella che fu definita “l’università nel carcere”. Il 30 novembre 1932 fu rimesso in libertà per la sopravvenuta amnistia del decennale fascista.

Benché sottoposto a vigilanza, tornato a Firenze, continuò a tenere le fila dell'organizzazione comunista clandestina.

Nel 1933, ricercato dalla polizia fascista, si trasferì a Bologna, dove tuttavia venne arrestato e il 15 maggio 1934 deferito nuovamente al Tribunale speciale. L’accusa era di aver ricostituito il Pci in collegamento con altri gruppi toscani, di avere riprodotto e diffuso «l’Unità» e di aver condotto un’azione propagandistica contro le elezioni plebiscitarie del 1934. Bitossi però fu assolto dalle accuse per insufficienza di prove, ma assegnato alla Commissione provinciale di confino di Firenze, che lo inviò a Ponza. Nello stesso anno partecipò alle agitazioni dei confinati e per questo subì una condanna a dieci mesi di prigione.

Nel 1939, quando stava per scadere il periodo di confino, Bitossi fu nuovamente denunciato alla Commissione provinciale di confino di Littoria, che gli prolungò la pena di altri cinque anni. Avendo contratto la malaria, fu trasferito da Ponza alla colonia di Pisticci e dopo una permanenza all’ospedale di Matera fu trasferito a Tricarico, da dove fu liberato per l’avvenuta caduta del fascismo.

Bitossi fu anche tra i primi organizzatori delle formazioni partigiane in Toscana: a Pistoia promosse la costituzione di gruppi di resistenza armata e fu costretto ad abbandonare la città, essendo stato individuato dai nazifascisti; poi fu rappresentante del Comitato toscano di liberazione nazionale nelle quattro provincie di Livorno, Lucca, Massa-Carrara e Pisa; e come ispettore delle brigate Garibaldi, coordinò la lotta partigiana sia nella provincia di Livorno che nelle Alpi Apuane. Dal 1944 concentrò tutta la sua attività a Lucca, dove un rastrellamento operato dalle SS, aveva completamente disorganizzato il movimento clandestino. Prima che gli alleati giungessero nella città, il Cln lucchese, di cui Bitossi faceva parte, assunse pubblicamente la direzione politica e militare cittadina, ingaggiando battaglia contro le retroguardie tedesche e sotto i colpi delle artiglierie naziste.

Riorganizzata la vita civile a Lucca, Bitossi fu chiamato a Firenze dove il Ctln lo aveva nominato vice sindaco della città liberata; ma abbandonò presto questa carica per riprendere in pieno l'attività sindacale e fu quindi nominato segretario della Camera del lavoro di Firenze.

Nel 1946 si trasferì a Roma quale vicesegretario della CGIL e al congresso tenutosi a Firenze nel giugno del 1947, fu eletto segretario generale della Confederazione.

Nel 1948, eletto deputato all'Assemblea costituente nella circoscrizione di Firenze-Pistoia, ricoprì la carica di senatore per quattro legislature (fino al marzo 1968).

Agli inizi degli anni cinquanta, nuovamente all’interno della Cgil, fu uno dei più convinti assertori di una forte centralizzazione della trattativa sindacale, contro la tendenza - che sarebbe risultata vincente negli anni successivi - a sviluppare la contrattazione articolata per aziende e nel 1951 è segretario responsabile della Camera del Lavoro di Milano.

Rimase ai vertici del sindacato anche negli anni Sessanta: dal 1960 al 1968 fu presidente dell'Istituto Nazionale Confederale Assistenza (Inca-Cgil); dal 1961 ricoprì anche la carica di presidente della Federazione sindacale mondiale e per pochi mesi, fino alla sua scomparsa, fu segretario generale della Federazione italiana pensionati.

Morì a Roma il 5 ottobre 1969.

(Annalisa Bertani)

Fonti

AdL, Archivio della Camera confederale del Lavoro di Milano (1945-1981)

Bibliografia

I. Tognarini, Bitossi Renato, in F. Andreucci, T. Detti (a cura di), Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico 1853-1943, Vol. I, Editori Riuniti, Roma, 1975, pp.321-324; G. Sircana, Renato Bitossi, in Dizionario Biografico degli Italiani, Vol. 34, Treccani, Roma, 1988