Brivio Paola

[1948]

Socialista, Filcea, Filtea, Segretaria Camera del Lavoro di Milano, responsabile coordinamento donne di Milano.

Paola Brivio nacque a Milano l’11 settembre 1948 da padre operaio e madre casalinga. Ebbe un’infanzia difficile a causa della malattia della madre che costrinse il padre a lavorare il doppio per poter sostenere le spese sanitarie.

Sviluppò fin da bambina una grande passione per lo studio, tratto che caratterizzò tutta la sua vita.

Il diploma commerciale le permise appena quindicenne di trovare lavoro come impiegata presso la Van Den Bergh. Qui fece le prime battaglie sindacali a difesa del suo diritto allo studio ― che prima dell’approvazione dello Statuto dei Lavoratori non era garantito ― per poter frequentare la scuola serale di ragioneria. Concluse con successo le superiori e si iscrisse ai corsi serali della Facoltà di sociologia dell’Università di Trento. Ricorda quell'esperienza come molto importante e formativa; dal momento che erano molti i ragazzi milanesi che frequentavano quella stessa facoltà si organizzarono in una «comunità di studio» autogestita che si riuniva nelle sale messe a disposizione dalla Camera del Lavoro di Milano. In questo periodo entrò in contatto con alcuni esponenti del movimento studentesco come Marco Capanna a Milano e Marco Boato a Trento.

Nel 1968 Paola Brivio fu assunta in Pirelli, azienda che si dimostrò più sensibile alle sue esigenze di studentessa-lavoratrice. Qui venne inserita nel gruppo di formatori, prima come segretaria poi, dopo aver conseguito la laurea a pieni voti, come coordinatrice dei corsi. Ebbe modo di apprendere nozioni e modelli all'avanguardia nelle aziende italiane, sia nel campo della formazione che in quello dell’organizzazione, dell’analisi e dello studio del lavoro.

Sempre in Pirelli, nei primi anni Settanta, si iscrisse alla Filcea. Racconta di essere stata notata durante un attivo sindacale e quasi subito inserita nell'esecutivo del Consiglio di fabbrica Pirelli. Contemporaneamente un esponente del Partito socialista italiano le spiegò che nella Cgil c’erano due correnti, quella comunista e quella socialista, e che per poter continuare la sua attività sindacale doveva aderire a una delle due. L’adesione ai socialisti fu compiuta in quel contesto, come da sua stessa ammissione

“Per me è stato un caso il fatto di essermi iscritta al Partito socialista [..] poteva avvicinarmi uno dell’altro partito, era la stessa cosa per me. Comunque ero una ragazzina, poco più che ventenne.”

Nel Consiglio di fabbrica Pirelli, la Brivio si scontrò con le prime discriminazioni di genere; non era affatto facile per una giovane donna farsi strada nel sindacato, tuttavia non abbandonò la sua attività, riuscendo comunque a farsi notare. Nel 1977 fu eletta nel Comitato direttivo della Camera del Lavoro di Milano, organismo in cui si batté per la valorizzazione della politica sindacale nei confronti degli impiegati. Alla fine degli anni Settanta fu distaccata come funzionaria sindacale nella Filtea di Milano. Fu un periodo stimolante e importante vissuto a stretto contatto con i lavoratori e i loro problemi, che le permise di sperimentare la vita frenetica e impegnata della sindacalista. Fu interprete di un modo di fare sindacato che lei stessa definì «riformista» in cui prevalevano le discussioni alle barricate.

La Brivio fu, con Anna Catasta e Pina Madami, protagonista del seminario che si tenne nel settembre 1979 a Pian dei Resinelli e che decretò il superamento dell’Ufficio lavoratrici e la nascita di una rete - chiamata Coordinamento - che riuniva un gruppo eterogeneo di donne, non solo sindacaliste, per idee e appartenenza. La Brivio ricorda che, poiché l’attività del Coordinamento donne veniva sottovalutata o addirittura ostacolata dagli uomini, alcune manifestazioni e iniziative venivano organizzate in modo «clandestino».

Dal 1983 al 1993 ricoprì l’incarico di Segretaria della Camera del Lavoro di Milano e fu referente per la Segreteria del Coordinamento Donne.

L’impegno verso la causa femminista la portò a praticare una modalità di sindacato che lei definì «sociale», ovvero che si facesse carico delle proposte e dei bisogni degli «esclusi». Proprio nel quadro di questo principio, fu madrina di quello che allora si chiamava Centro Gay, ovvero uno sportello di accoglienza per i problemi specifici delle lavoratrici e dei lavoratori che subivano delle discriminazioni per il proprio orientamento sessuale, e che fu promotore di una pionieristica indagine sulle discriminazioni sul lavoro e all'interno del sindacato coinvolgendo con un questionario ben 435 gay e 30 lesbiche.

Nel 1992 l’Arcigay le riconobbe un premio per la sua battaglia in favore degli omosessuali. Lasciò il sindacato nel 1993 quando preferì la docenza a un’attività sindacale che iniziava a risultarle pesante e meno soddisfacente. Ad oggi è pensionata e si dedica all’attività di formatrice per l’Associazione italiana di studio del lavoro, di cui è Presidente.

(Eleonora Cortese)

Fonti

AdL, Archivio della Camera del Lavoro confederale di Milano (1945-1981)

AdL, Fondo Biografie sindacali, audio intervista rilasciata all'autrice, 6 luglio 2018