Rygier Maria
[1885 - 1953]
Impiegata, giornalista, sindacalista rivoluzionaria, anarchica, antimilitarista, interventista, monarchica liberale, Commissione di controllo della Camera del Lavoro di Milano, Sezione femminile dell’Unione degli impiegati e commessi delle aziende private.
Personalità politica intensa e che ebbe influenza in vari ambienti culturali nella prima metà del Novecento, Maria Rygier nacque a Cracovia il 5 dicembre 1885 in una famiglia polacca di classe media, figlia di uno scultore di fama che si trasferì a Roma, dove Maria studiò e crebbe. Tornata con i genitori per un breve soggiorno a Cracovia nel 1898, si avvicinò qui al socialismo, osteggiata dal padre. Rientrata a Roma venne attratta dal socialismo umanitario di Giovanni Cena e dagli ambienti del femminismo riformista, che la portarono a Milano. Qui, dove si trasferì con la madre, conobbe Ersilia Majno che la introdusse a lavorare come impiegata all'Unione Femminile, dalla quale però si distaccò presto, rompendo con tutto l’ambiente riformista e avvicinandosi al sindacalismo rivoluzionario che abbracciò in pieno, rinunciando anche al mantenimento che le garantiva la sua famiglia per essere fedele all’ideale proletario. Ottenuta la maggioranza all’interno della Federazione socialista milanese, i sindacalisti rivoluzionari, appoggiati dagli ambienti del vecchio operaismo, si imposero alla guida della Camera del Lavoro nelle elezioni del 1904. Rompendo con la tradizione mantenuta dai riformisti fin dal 1891, i rivoluzionari non inserirono donne nella propria lista vittoriosa per la Commissione esecutiva, ma la giovane Maria Rygier venne delegata al Congresso nazionale delle Camere del Lavoro di quell’anno assieme a Virginio Frati e Virginio Corradi, un tornitore con cui si legò e che sposò due anni più tardi, ottenendo la cittadinanza italiana. Nel biennio 1904 e 1905 Maria Rygier venne anche nominata nella Commissione di controllo della Camera del Lavoro. Sempre nel 1904 Maria Rygier fece parte del Comitato promotore per una Sezione femminile dell’Unione degli impiegati e commessi delle aziende private, che poi venne costituita e che la vide segretaria. Nel 1905 iniziò a collaborare a «Avanguardia socialista» di Arturo Labriola, distinguendosi soprattutto per la sua intensa propaganda antimilitarista; nel dicembre 1906 divenne redattore responsabile del nuovo periodico sindacalista milanese «La Lotta di classe» e all’inizio del 1907 del quindicinale antimilitarista «Rompete le file!», con Filippo Corridoni. Il suo ruolo di responsabilità nei giornali e la sua presenza a varie manifestazioni le procurarono arresti e condanne. Iniziò un lungo periodo in cui entrò ed uscì dal carcere e in cui utilizzò i suoi processi come tribuna da cui esporre le sue idee antimilitariste. Maria Rygier, che rifiutò sistematicamente le richieste di grazia presentate dal padre, divenne in breve un’eroina, le sue autodifese in tribunale vennero stampate e diffuse, la sua fotografia utilizzata come effigie. Scarcerata, si trasferì a Bologna nel 1910, rompendo con il sindacalismo rivoluzionario e aderendo al movimento anarchico. Mise fine anche alla relazione con il marito che nel frattempo le aveva fatto perdere la dote, procurandole per il futuro continui problemi economici. Tra un arresto e l’altro, portò anche in Francia e in Gran Bretagna le sue conferenze antimilitariste e la campagna pro Masetti (il soldato anarchico che nel 1911 sparò e ferì il suo colonello), acquisendo notorietà in particolare a Parigi. Fu proprio a Parigi che Maria Rygier visse nei giorni dell’attentato di Sarajevo la mobilitazione francese per la Grande guerra, interpretando progressivamente il proprio antimilitarismo nel senso di rigida opposizione al militarismo degli imperi centrali e passando all’interventismo assieme, tra gli anarchici, a Massimo Rocca. Il cambio di campo le valse frequenti contestazioni, le sue conferenze interventiste diedero più volte luogo a disordini nei quali venne anche ferita. Dopo la rivoluzione russa e il trasferimento a Roma si avvicinò ad ambienti liberali e monarchici, sostenendo la necessità di difendere la borghesia. Nel 1917 fondò la Lega femminile patriottica, il Fascio romano per la difesa nazionale e partecipò all’Unione popolare antibolscevica. Si iscrisse anche ai Fasci di combattimento di Roma nel gennaio del 1921, ma la sua posizione rispetto al fascismo fu da subito critica, denunciandolo nel gennaio 1923 con una petizione alla Camera dei Deputati come un «momento di confusione e di terrore che attraversa il nostro paese». Temendo l’arresto nel 1926 espatriò in Francia e visse a Parigi, grazie anche al sostegno della massoneria francese, in polemica con la Concentrazione antifascista. Furono anni di solitudine e privazioni: quando rientrò a Roma nel 1945, nella sede del Partito liberale la scambiarono per una mendicante. Ripresa la militanza nel partito, si batté per la monarchia nel referendum del 1946, insistendo sulla necessità di separare le colpe del fascismo da quelle di casa Savoia. Morì a Roma il 10 febbraio 1953.
(Fiorella Imprenti)
Bibliografia
B. Montesi, Un’anarchica monarchica. Vita di Maria Ry-
gier (1885-1953), Edizioni Scientifiche Italiane, 2013;
M. Antonioli, Guerra, amore e amicizia. Tre anarchiche di fronte alla prima guerra mondiale, in E. Scaramuzza (a cura di), Politica e amicizia. Relazioni, conflitti e differenze di genere (1860-1915), Milano, Franco Angeli, 2010.