Callegari Libera in Venturini
[1912 - 2013]
Partigiana, repubblicana, comunista, rappresentante per la Camera del Lavoro di Milano presso la Commissione per lo studio dell’Ente Regione Lombardia.
Libera Callegari nacque l’1 gennaio 1912 a Padova da Paolo e Virginia Bertagnolli. Aveva due sorelle, Giuseppina, detta Pina, e Pasqualina, detta Lina. La sua famiglia di origine era attivamente antifascista e legata al fronte azionista di Ugo La Malfa. Laureata in Chimica all’Università di Padova, si trasferì con i familiari a Milano tra il 1936 e il 1939. Sposatasi nel settembre 1943 con Bruno Venturini, partigiano di Giustizia e Libertà noto come Bianchini, fu costretta a cambiare di frequente domicilio per sfuggire assieme al marito alle indagini della polizia fascista. Nel 1943 fu arrestata, incinta, assieme alla madre e alla sorella Lina e condannata per «favoreggiamento di partigiani», scontando tre mesi di reclusione nel carcere di San Vittore. Sfollata a Bergamo diede alla luce Anna, la sua unica figlia, il 29 luglio 1944, e trovò impiego come chimico-analista alla Vieille Montagne e come responsabile della documentazione tecnica e della biblioteca della Montecatini. Il 29 novembre 1944 il marito venne ucciso a Brescia dalla Guardia nazionale repubblicana, ma Libera Callegari apprese la notizia soltanto nel maggio del 1945. Dal 1945 al 1946 fu vice-commissario all’Igiene e Sanità al Cln lombardo e nel dopoguerra, per la sua attività antifascista, le fu riconosciuta la qualifica di partigiana. Dopo la Liberazione proseguì l’impegno politico all’interno del Partito comunista italiano a cui aveva aderito negli ultimi mesi di occupazione fascista e in particolare si occupò della Commissione femminile della Federazione di Milano e dell’assistenza alle famiglie bisognose diventando anche vice-commissaria alla Sanità nel Ministero dell’assistenza post-bellica. Libera si dedicò sempre all’assistenza: dal 1946 sedette nel Consiglio di Amministrazione dell’Ente Comunale di assistenza (Eca), fece parte del Comitato direttivo dell’Opera nazionale maternità e infanzia (Onmi) e di quello dell’Istituto nazionale confederale di assistenza (Inca); mentre nel 1948 la Camera del Lavoro di Milano la nominò sua rappresentante presso la Commissione per lo studio dell’Ente Regione Lombardia. Negli stessi anni fece parte dell’Associazione donne vedove e capofamiglia promossa dall’Unione donne italiane (Udi). Lavorò per alcuni anni alla Montecatini come analista alle miniere di Gorno, ma abbandonò il settore chimico per dedicarsi all’editoria, prima per la rivista «La chimica e l’industria» e successivamente come caporedattore scientifico per prestigiose case editrici quali Feltrinelli, Boringhieri e Einaudi. Morì a Milano il 28 febbraio 2013.
(Annalisa Bertani)
Fonti
AdL, Archivio della Camera del Lavoro confederale di Milano (1945-1981);
Fondazione Isec, Archivio Pci Federazione milanese, Commissione federale di controllo, Biografie dei militanti, b. 38, fasc. 55, Callegari Libera;
Istituto di storia contemporanea della Provincia di Pesaro e Urbino (Iscop), Fondo FV-Venturini;
M. Granata, Consigli d’amministrazione della congregazione di carità di Milano (1862-1937) e dell’ente comunale di assistenza (1937-1978), in «Storia in Lombardia», 1/2002, pp. 149-162.
Bibliografia:
M. Alloisio, G. Gadola Beltrami, Volontarie della libertà, Mazzotta, Milano, 1981;
R. Farina (a cura di), Dizionario biografico delle donne lombarde (568-1968), Baldini&Castoldi, Milano, 1995; Venturini Callegari L., Bruno Venturini: umanità razionalità e passione politica di un combattente per
la libertà, Vangelista, Milano, 1988.
Sitografia:
G. Amendola, Bruno Venturini nell’antifascismo e nella
Resistenza, in www.sistemabibliotecariofano.it/fileadmin/grwww.sistemabibliotecariofano.it/fileadmin/grpmnt/5596/1_Not_1974_Amendola_G_Bruno.pdf, consultato
il 15/6/2018
Memorie di Marca, Venturini, in http://memoriedimarca.it/index.php/venturini-2, consultato il 20/06/2018