Ciceri Francesca, detta Vera
[1940 - 1988]
Comunista, partigiana, Commissione femminile della Camera del Lavoro di Milano, medaglia d’oro per la Resistenza.
Nacque a Rancio di Lecco (Como) il 23 agosto 1904 da Vincenzo e da Savina Selvini, entrambi operai. Per contribuire al magro bilancio famigliare, entrò a soli dieci anni in una fabbrica metallurgica. Nel primo dopoguerra, s’iscrisse al sindacato di fabbrica e partecipò alle lotte operaie che segnarono il «biennio rosso», che ricordava così:
Dopo i grandi scioperi del ’19, nel ’20 ci sono state le occupazioni delle fabbriche. Anche la mia fu occupata. Eravamo tutti dentro, uomini e donne, lavoravamo e mandavamo avanti la produzione. Noi volevamo fermarci anche alla notte e fare la guardia, ma i compagni non volevano donne (Alasia, 1976).
Nel 1924 raggiunse a Parigi Gaetano Invernizzi, «Nino», sindacalista e militante comunista, emigrato clandestinamente nel 1922. I due si sposarono nel 1925, uniti da allora in poi nella vita privata e nella militanza politica. Fino al 1929, anno in cui si iscrisse al Partito comunista d’Italia, fu particolarmente attiva nell’organizzazione e nella direzione dei Gruppi femminili delle donne italiane sia a Parigi che a Lione, dove assieme al marito, faceva parte del Comitato Regionale dei gruppi di lingua italiana del Partito comunista francese (Pcf). Nel 1931, venne inviata dal partito in Italia a svolgere attività antifascista fra le operaie tessili e a dirigere la lotta delle mondine:
Distribuivamo dei volantini, davamo consigli sul come condurre la lotta. Nelle mani delle risaiole quei manifestini che parlavano chiaro contro il fascismo, contro i padroni, acquistavano un valore, una forza che le sosteneva nelle lotte. Anch’io che ero una donna diventavo importante, diventava una forza ogni parola che dicevo (Alasia, 1976).
Nel 1932, i coniugi Invernizzi vennero inviati alla scuola leninista di Mosca, dove vi rimasero due anni. Rientrati clandestinamente in Italia, furono arrestati il 13 giugno 1936 a Milano, rinchiusi nel carcere di San Vittore e processati nel maggio del 1937 davanti al Tribunale speciale per la difesa dello Stato. Francesca Ciceri venne condannata a otto anni da scontare nel carcere femminile di Perugia, dove, intanto, si era costituito un collettivo di compagne che assieme studiavano e discutevano. Uscirà nel 1941, in precarie condizioni di salute, dimagrita di 20 chili. Con la caduta del fascismo riprese la sua attività politica in seno al Partito comunista. All'indomani dell’8 settembre 1943, «Vera» (il suo nome di battaglia) e il marito raggiunsero i Piani d’Erna, dando vita a una delle prime formazioni partigiane, di cui Invernizzi divenne commissario politico. In seguito al rastrellamento operato dai nazisti nell’ottobre del 1943, rientrò a Milano a disposizione del partito per il quale ristabilì la rete dei collegamenti per l’organizzazione dei Gruppi di difesa della donna iniziando dalla Magneti Marelli di Crescenzago.
Io ricordo con commozione come l’organizzazione richiedesse di saggiare all’interno delle famiglie di provata fede antifascista, il temperamento e il coraggio delle ragazze, assai spesso fra i 17 e i 20 anni. Ricordo Norina Brambilla e Isa De Ponti, che ho scelto perché fossero loro affidate importanti azioni; portare bombe ad un appuntamento, portare armi, portare munizioni. Credo di aver sempre caldeggiato il fatto che l’uguaglianza della donna si dimostrava combattendo i nazifascisti alla pari degli uomini, senza indulgere ai sentimenti, alla paura, al dolore, allo sforzo fisico (Cairoli, 2005).
Dopo la Liberazione, continuò l’attività politica e sindacale come dirigente della federazione femminile del Pci e, dalla fine del 1945, come componente della Commissione femminile consultiva della Camera del Lavoro di Milano, organismo che diresse fino al 1948. Nel 1959, ormai vedova, si ristabilì a Lecco e per vent’anni fu parte del Comitato federale del Pci locale. Negli ultimi anni della sua vita ricoprì la carica di presidente dell’Anpi di Lecco, associazione di cui fu anche consigliera nazionale. Nel 1977, l’amministrazione comunale le conferì la medaglia d’oro per la Resistenza. Morì a Lecco nel 1988.
(Roberta Cairoli)
Fonti:
ACS, CPC, b. 1335, ad nomen
Fondazione Isec, Fondo Ciceri Invernizzi, b. 6, fasc. 1;
Fondazione Isec, Archivio Pci Federazione milanese, Commissione federale di controllo, Biografie dei militanti, b. 40, fasc. 65, Francesca Ciceri Invernizzi.
Bibliografia:
AA. VV, Aula IV. Tutti processi del Tribunale Speciale fascista, a cura dell’Anppia, Roma, 1961;
AA.VV, Mille volte no, Roma, 1965;
P. Secchia (a cura di), Enciclopedia dell’antifascismo
e della Resistenza, La Pietra, Milano, 1968;
F. Alasia, Gaetano Invernizzi dirigente operaio, Vangelista, Milano, 1976;
M. Alloisio, G. Beltrami Gadola, Volontarie della libertà, Mazzotta, Milano, 1981
L. Mariani, Quelle dell’idea. Storie di detenute politiche 1927-1948, De Donato, Bari, 1982;
P. Gabrielli, Fenicotteri
in volo. Donne comuniste nel ventennio fascista, Carocci, Roma, 1999;
Ead., Col freddo nel cuore. Uomini e donne nell’emigrazione antifascista, Donzelli, Roma, 2004;
R. Cairoli, Nessuno mi ha fermata. Antifascismo e Resistenza nell’esperienza delle donne del Comasco 1922-1945, NodoLibri, Como, 2005.